Come funziona il risparmio gestito: rischi ed alternative
Sia in Italia che all’estero con l’espressione “risparmio gestito” o “managed savings” si indica in modo quasi univoco la consegna di una certa somma di denaro a un intermediario finanziario che la gestisce (secondo il regolamento e le condizioni previste nel contratto) per ottenere un profitto. Il risparmio gestito non va confuso con il ‘regime gestito’ che invece riguarda la modalità di calcolo della tassazione che verrà applicata al guadagno con gli investimenti. Ricordiamo che regime gestito e amministrato sono le due alternative che si hanno quando ci si approccia al mondo degli investimenti.
Di cosa si tratta
Quando decidiamo di usare la strada del risparmio gestito stiamo quindi scegliendo di dare una certa somma da investire ad un intermediario finanziario. Questo potrà essere una banca oppure una società specializzata (come per esempio una sgr), od ancora un altro tipo di gestore ‘autorizzato’.
Per la tutela del cliente, soprattutto a seguito dell’approvazione della direttiva Mifid, anche nel risparmio gestito il gestore è condizionato dal tipo di profilo di rischio e di esperienza del cliente stesso. Su tale profilo dovrà essere ‘tarata’ la tipologia di gestione attuata, che potrà quindi prevedere un grado di rischio più o meno elevato (ad esempio con una maggiore componente in azioni, più obbligazionario e monetario, ecc).
Nel contratto dovranno essere chiaramente indicati i costi della gestione (sotto forma di commissioni che possono essere di ingresso, periodiche e di uscita), il tipo di investimenti e il tipo di gestione prevista (che potrà essere più o meno attiva).
Quali investimenti?
Logicamente non esiste una tipologia unica predefinita, poiché si hanno tantissime possibilità di combinare vari prodotti finanziari sui quali investire (approfondimento: Come investire online). Questi possono comprendere le quote di fondi comuni d’investimento, le quote di hedge fund e immobiliari o di Sicav, percentuali di azioni di grandi brand, Titoli di Stato dei Paesi emergenti o di Stati dell’Ue e Usa.
La scelta del gestore si deve invece fare sulla base del tipo di obiettivo che viene proposto, controllando le performance degli anni precedenti, perché da queste si possono valutare i risultati ottenuti e stimare la capacità che ha avuto nelle gestioni passate. Nel caso di importi elevati o grandi capitali, la gestione del risparmio può essere offerta tramite le gestioni patrimoniali.
Differenze da un normale fondo comune di investimento
Il risparmio gestito può essere condotto anche tramite la propria banca o un promotore finanziario, sfruttando una discreta diversificazione valutata di comune accordo con il consulente dedicato. Ma, come evidente, non si tratta della stessa cosa. Questo perché il risparmio gestito nasce per permettere ai gestori di muoversi in libertà nel rispetto delle condizioni dei mercati nei quali può investire e sempre nel rispetto del profilo di investimento del cliente.
Questo permette di ridurre i fisiologici ritardi che si verificano nei cambi che deve fare una banca o un promotore finanziario per switchare le somme da un fondo a un altro, o addirittura per chiudere posizioni e aprirne altre. Non solo, nel caso di quote in vari fondi sottoscritti direttamente, le varie disposizioni vanno fatte con la firma della modulistica necessaria. Il tutto richiede tempistiche che possono anche toccare uno o più giorni, per cui non si ha una vera e propria reattività e soprattutto una reale gestione attiva.
Evidenziati questi aspetti innegabilmente positivi bisogna comunque mettere in evidenza anche quelli negativi. Ad esempio, soprattutto per le gestioni più attive, il principale problema è legato al capitale di ingresso. Sono infatti pochi i casi in cui si può accedere con le cifre raggiungibili dai piccoli risparmiatori, che quindi si trovano per forza di cose di fronte alla strada di sottoscrizione di fondi di investimento, sicav o fondi pensione.
Un discorso simile può valere anche per quanto riguarda i costi visto che nel risparmio gestito spesso viene richiesto un canone mensile proporzionale al capitale investito. Tutti questi aspetti vanno considerati prima di investire, sempre alla luce del tipo di obiettivo che si vuole realizzare, di quanto si può o si vuole investire e rischiare.
Come si calcola la tassazione
Il regime applicato al risparmio gestito prevede che si applichi l’imposta del 12,5% (con possibilità di compensazione tra le plusvalenze e le minusvalenze, il che avviene fino ai 4 anni successivi), dove è il gestore a fungere la funzione di sostituto d’imposta. Questo significa che il gestore versa per conto del cliente l’imposta maturata sui risparmi gestiti, accreditando al cliente le somme maturate al netto dell’imposta dovuta. Questo fa sì che il titolare del risparmio non abbia altri obblighi con il fisco. Altra particolarità di questo sistema è che la tassazione avviene solo sulle plusvalenze maturate a una certa data, potendo compensare tra loro i guadagni e le perdite relative alle attività che in quel momento sono detenute in portafoglio (nel complesso del patrimonio finanziario del risparmiatore). E in più il risparmiatore ha ‘diritto all’anonimato’ sui redditi diversi che compongono il proprio portafoglio.
Il risparmio amministrato
Come si comprende dalla definizione, nel caso del risparmio gestito i risparmi dati al gestore sono affidati sia nella custodia che nella gestione. Invece nel risparmio amministrato il gestore ottiene la custodia ma non la gestione. Una tale situazione si ha per esempio con un conto titoli aperto presso una banca, dove è il titolare che compra e vende azioni e titoli di Stato mentre la banca si limita ad eseguire gli ordini e a custodire il risparmio.
Dal punto di vista fiscale generalmente si ha sempre il discorso di sostituto di imposta assolto dal gestore, che calcola e compensa le plusvalenze e minusvalenze. Tuttavia in alcuni casi si può richiedere il regime amministrato.